Una casetta malridotta, un’altalena rossa, i nontiscordardimè blu e viola disseminati nel prato; un bambino li raccoglieva, un bambino dai capelli rossi e dagli occhi violetti. Era lui quel bimbo? Un ragazzino, più grande di lui, lo chiamò e gli si avvicinò correndo; capelli biondi arruffati, sorriso sbilenco sul volto eccessivamente magro, una mano tesa. Quando il bambino dai capelli rossi alzò lo sguardo non c’era più niente. Nessuna casa, nessun prato, nessun bambino tranne lui. Si alzò, guardandosi intorno, spaurito; le braccia strette intorno al proprio corpo. Calò la notte come un manto nero su tutto. Voci. Voci cattive, voci che ridevano, che lo prendevano in giro. Mani che lo toccavano. Non le vedeva, ma le sentiva addosso ovunque. Un grido silenzioso. Erast balzò a sedere di scatto con la mano tremante alla fronte. Era sudato, si allentò il colletto del pigiama, respirava affannosamente. “Cosa c’è?” chiese Viktor entrando nella stanza. Aveva gridato? “Che succede, stai male?” ...
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