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Visualizzazione dei post da dicembre, 2011

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo IX)

Rabbrividì. Sì, iniziava davvero a far freddo. Si strinse di più nella vestaglia, il cielo si stava annuvolando velocemente, promettendo un temporale. Si rannicchiò sulla sedia, si tolse le pantofole, sfiorando l’erba con i piedi e si sciolse i capelli rossi, scuotendo la testa. Si tirò su le maniche della vestaglia e del pigiama e osservò disgustato i vari buchi che aveva sul braccio. Si sentì fragile. Alle sue spalle due forti mani lo toccarono, coprendolo con qualcosa. Si voltò e vide Viktor, che gli sorrise. Dio, che sorriso che aveva! Se esistevano gli dei è così che avrebbero sorriso. Rimase per un attimo intontito, respirando gli effetti di quello stendersi di labbra. Da un po’ di tempo si sentiva così quando stava con lui: sereno e molto stupido. Oramai non riusciva a più nascondere la sua espressione di contentezza quando lo vedeva arrivare, il desiderio che gli faceva nascere dentro e il senso di sicurezza che gli trasmetteva. Il moro gli aveva messo sulle spalle un giubbotto

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo VIII)

Una casetta malridotta, un’altalena rossa, i nontiscordardimè blu e viola disseminati nel prato; un bambino li raccoglieva, un bambino dai capelli rossi e dagli occhi violetti. Era lui quel bimbo? Un ragazzino, più grande di lui, lo chiamò e gli si avvicinò correndo; capelli biondi arruffati, sorriso sbilenco sul volto eccessivamente magro, una mano tesa. Quando il bambino dai capelli rossi alzò lo sguardo non c’era più niente. Nessuna casa, nessun prato, nessun bambino tranne lui. Si alzò, guardandosi intorno, spaurito; le braccia strette intorno al proprio corpo. Calò la notte come un manto nero su tutto. Voci. Voci cattive, voci che ridevano, che lo prendevano in giro. Mani che lo toccavano. Non le vedeva, ma le sentiva addosso ovunque. Un grido silenzioso. Erast balzò a sedere di scatto con la mano tremante alla fronte. Era sudato, si allentò il colletto del pigiama, respirava affannosamente. “Cosa c’è?” chiese Viktor entrando nella stanza. Aveva gridato? “Che succede, stai male?”