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Visualizzazione dei post da 2011

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo IX)

Rabbrividì. Sì, iniziava davvero a far freddo. Si strinse di più nella vestaglia, il cielo si stava annuvolando velocemente, promettendo un temporale. Si rannicchiò sulla sedia, si tolse le pantofole, sfiorando l’erba con i piedi e si sciolse i capelli rossi, scuotendo la testa. Si tirò su le maniche della vestaglia e del pigiama e osservò disgustato i vari buchi che aveva sul braccio. Si sentì fragile. Alle sue spalle due forti mani lo toccarono, coprendolo con qualcosa. Si voltò e vide Viktor, che gli sorrise. Dio, che sorriso che aveva! Se esistevano gli dei è così che avrebbero sorriso. Rimase per un attimo intontito, respirando gli effetti di quello stendersi di labbra. Da un po’ di tempo si sentiva così quando stava con lui: sereno e molto stupido. Oramai non riusciva a più nascondere la sua espressione di contentezza quando lo vedeva arrivare, il desiderio che gli faceva nascere dentro e il senso di sicurezza che gli trasmetteva. Il moro gli aveva messo sulle spalle un giubbotto

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo VIII)

Una casetta malridotta, un’altalena rossa, i nontiscordardimè blu e viola disseminati nel prato; un bambino li raccoglieva, un bambino dai capelli rossi e dagli occhi violetti. Era lui quel bimbo? Un ragazzino, più grande di lui, lo chiamò e gli si avvicinò correndo; capelli biondi arruffati, sorriso sbilenco sul volto eccessivamente magro, una mano tesa. Quando il bambino dai capelli rossi alzò lo sguardo non c’era più niente. Nessuna casa, nessun prato, nessun bambino tranne lui. Si alzò, guardandosi intorno, spaurito; le braccia strette intorno al proprio corpo. Calò la notte come un manto nero su tutto. Voci. Voci cattive, voci che ridevano, che lo prendevano in giro. Mani che lo toccavano. Non le vedeva, ma le sentiva addosso ovunque. Un grido silenzioso. Erast balzò a sedere di scatto con la mano tremante alla fronte. Era sudato, si allentò il colletto del pigiama, respirava affannosamente. “Cosa c’è?” chiese Viktor entrando nella stanza. Aveva gridato? “Che succede, stai male?”

Sangue d'amore

Sono seduto accanto a lei, la osservo tristemente. Ha il capo voltato dall´altra parte, verso la finestra. I capelli scuri le ricadono sul volto e macchiano il cuscino candido. Sembrano dei lunghi serpenti sottili che fuggono in ogni direzione, che si raccolgono, si scontrano e si riposano. Il suo corpo è nascosto dal lenzuolo. E’ di certo calda, la sento respirare lentamente, in modo cadenzato, a intervalli regolari; chissà se anche il suo cuore è cosi regolare o se si è dimenticato cosa significhi accelerare i battiti. Distolgo lo sguardo verso la finestra da cui penetrano a fatica i raggi luminosi ostacolati dalla pesante tenda. Per me il suo cuore ha smesso di battere. Ho sbagliato troppo e forse è meglio cosi. Per lei. Non sopporto, non posso sopportare il dolore che seguirà quando se ne andrà via. Qualche tempo fa ho scelto di togliermi la vita piuttosto che perderla, ora mi chiedo cosa fare. Nulla ha più senso. Non senza lei. Mi ha accerchiato, mi ha soffocato, m

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo VII)

Viktor non poteva credere ai suoi occhi. Digrignò i denti cosi tanto che sentì le mascelle contrarsi fino allo spasimo, strinse i pugni finquando le nocche diventarono quasi bianche cercando invano di controllare la rabbia che sentiva crescere dentro di sé impadronendosi di tutte le sue facoltà. Davanti ai suoi occhi si presentava uno spettacolo orripilante: Erast, mezzo nudo, cavalcioni su quel figlio di puttana di Haym, che aveva sul viso un’espressione di puro godimento e, purtroppo per loro, la luce soffusa che regnava nella stanza non riusciva a nascondere la scena. I gemiti dei due erano incontrollati, i loro risolini, le parole biascicate, forarono le sue orecchie e quei suoni gli arrivavano come se qualcuno gli avesse malamente graffiato il cervello. “Si, si… mmm… piccolo così…”la voce di Haym era quella più alta e si stagliava sopra i loro mugolii confusi “lo so… lo so che aspettavi anche tu questo momento… ahh!”. Con un colpo di reni mise Erast, totalmente passivo, sotto di l

Ancora un pò

Giuro non ho abbandonato il blog!!! Solo che con gli esami in vista non ho più il tempo neanche di respirare... dopo il 10 luglio prometto che posterò tutti i capitoli di tutti i racconti. Baci. Jivri'l

Help me!

Vi supplico, si, dico a voi che vi trovate a passare per questo blog, se avete 2 minuti e un'idea... ditemi cosa ci posso mettere nella tesina!!! Sto finendo lo scientifico e non ho la più pallida idea su cosa fare la tesina, quindi... help meeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!! Si accetta di tutto- libri, frasi, film, cartoni, fatti, cronache...- ma datemi un'idea!!! Un saluto, Jivri'l.

P.S. Ricordarsi di vivere (capitolo VI )

Non aveva mai pensato che nella sua vita avrebbe messo piede in un teatro, soprattutto non in uno così lussuoso e grande come quello. Strinse la piccola mano di Rosalie nella sua come per trarne conforto ed essere rassicurato. Si sentiva a disagio, enormemente fuori luogo. Quello non era il suo ambiente. C’erano scale con tappeti rossi e barre dorate, fiori esotici curatissimi, gli addetti in giacca e cravatta che erano gentilissimi con tutti; c’era un brulicare di gente ricca che chiacchierava e rideva sommessamente e con immensa eleganza. Tutto di loro comunicava il loro rango sociale e la loro educazione. Rosalie gli posò la mano libera sul braccio “Tranquillo tesoro, qui nessuno si accorgerà minimamente che lavori in un night club” gli sussurrò all’orecchio e gli depose un veloce bacio sulla guancia. Il ragazzo cercò di sorridere, però tutto quello che riuscì a esternare fu una misera smorfia. Dopo alcuni minuti furono introdotti nella grande sala del teatro e qui Erast rimase para

Alexandros ( capitolo 15, parte II)

La luce. Era da tantissimo tempo che desiderava rivedere la luce. Sentiva che le palpebre gli pesavano come se fossero pietre, tuttavia, con uno sforzo immane, aprì gli occhi. Non vide nulla. Tutto gli appariva soffuso, ma poteva vedere la luce. Udiva suoni come se provenissero da lontano, da troppo lontano per farsi intendere da lui né gli interessava sapere quello che le voci gli stavano chiedendo. Voleva solo vedere ancora la luce, perché ogni essere umano prima di spirare cerca di acchiappare per l’ultima volta una scintilla del sole. Nessuno vorrebbe morire quando è buio. La morte è buio e l’uomo è un essere splendente. Chiuse gli occhi. E gli riaprì. Questa volta la vista era più chiara e le voci più vicine e fastidiose. Voltò il viso sul cuscino non troppo morbido. Cercò di mettere a fuoco ma davanti a lui c’erano solo due figure scure sfocate. Aprì le labbra, non poteva parlare, erano arse. Lui stesso improvvisamente si sentì bruciare. La schiena era in fiamme. Voleva urlare,