Passa ai contenuti principali

Post

Addio (?)

Ho abbandonato questo blog tanto tempo fa e non credo di essere in grado di riprenderlo, almeno non nel futuro prossimo, pertanto ritengo sia doveroso da parte mia spendere due parole sul blog che mi ha rappresentata nel passato. Le storie che ho scritto sono state ispirate e sostenute da alcune persone, fra cui una in particolare alla quale davo il mio sostegno morale scrivendo ciò che ritenevo fosse un amore normale anche per coloro che pensano di non essere normali. Essendo questa persona venuta meno non ho più alcun motivo a continuare a incoraggiare qualcuno che non c'è. Ho pensato anche di cancellare il blog, tuttavia ho deciso di tenerlo, almeno come ricordo. Un caro saluto a tutti coloro che sono stati i lettori di questo blog e che mi sono stati accanto virtualmente nel passato. Jivri'l.
Post recenti

Il tuo cuore

Si affrettano. Guardano solo davanti a loro; mi passano accanto, ma non si voltano verso di me nemmeno per errore e se lo fanno accelerano subito il passo. Il sole oggi è accecante, si respira un'aria calda che brucia la gola e l'anima, soprattutto si respira la paura, l'ansia, la malattia, la morte. - Miriam- una ragazza mi scuote leggermente per un braccio - Andiamo, siamo in ritardo. La seguo a tre passi di distanza. La mia mente è altrove, non so neanche io dove. In verità non penso a nulla, sono e mi muovo come un'automa. Non sento più nulla. E cosa dovrei sentire? Quando si perde tutto non si è più in grado di essere alcunché. Scendiamo delle scale che ci portano nel sotterraneo dell'ospedale; appena arrivate incontriamo altri colleghi che ci aspettano. Linda apre una porta. L'istinto ha il sopravvento e mi porto una mano al naso. L'odore nauseabondo di un corpo in decomposizione ci fa inorridire. Subito, però, abbasso la mano e cerco

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo X)

Rientrare in quella casa gli provocò una piacevole sensazione che mai avrebbe immaginato di provare. Quasi si commosse nel sentire, appena messo piede in casa, quell’inconfondibile odore buono, difficile da classificare. Forse era il caffé che ogni mattina preparava per lui e a volte anche per Viktor oppure lo champagne che il bruno gradiva molto. Non lo sapeva, sapeva solamente che era felice di essere di nuovo lì, a casa sua. Mai nella sua precedente abitazione si era sentito così a proprio agio. Lì non poteva fare il bagno quando voleva o mangiare a tutte le ore. Lì faceva la fame e non poteva nemmeno usare i propri guadagni per comprare cibo o sapone. Chiuse gli occhi. No, non sarebbe più stato così. Entrò nella propria stanza, seguito da Viktor, che l’aveva aiutato con le poche borse. “Ecco. Rimetti tu tutto in ordine?” chiese il bruno con il suo solito tono di voce controllato. “Si, non preoccuparti” lo guardò “grazie” disse. L’uomo fece per andarsene ma Erast lo richiamò “non di

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo IX)

Rabbrividì. Sì, iniziava davvero a far freddo. Si strinse di più nella vestaglia, il cielo si stava annuvolando velocemente, promettendo un temporale. Si rannicchiò sulla sedia, si tolse le pantofole, sfiorando l’erba con i piedi e si sciolse i capelli rossi, scuotendo la testa. Si tirò su le maniche della vestaglia e del pigiama e osservò disgustato i vari buchi che aveva sul braccio. Si sentì fragile. Alle sue spalle due forti mani lo toccarono, coprendolo con qualcosa. Si voltò e vide Viktor, che gli sorrise. Dio, che sorriso che aveva! Se esistevano gli dei è così che avrebbero sorriso. Rimase per un attimo intontito, respirando gli effetti di quello stendersi di labbra. Da un po’ di tempo si sentiva così quando stava con lui: sereno e molto stupido. Oramai non riusciva a più nascondere la sua espressione di contentezza quando lo vedeva arrivare, il desiderio che gli faceva nascere dentro e il senso di sicurezza che gli trasmetteva. Il moro gli aveva messo sulle spalle un giubbotto

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo VIII)

Una casetta malridotta, un’altalena rossa, i nontiscordardimè blu e viola disseminati nel prato; un bambino li raccoglieva, un bambino dai capelli rossi e dagli occhi violetti. Era lui quel bimbo? Un ragazzino, più grande di lui, lo chiamò e gli si avvicinò correndo; capelli biondi arruffati, sorriso sbilenco sul volto eccessivamente magro, una mano tesa. Quando il bambino dai capelli rossi alzò lo sguardo non c’era più niente. Nessuna casa, nessun prato, nessun bambino tranne lui. Si alzò, guardandosi intorno, spaurito; le braccia strette intorno al proprio corpo. Calò la notte come un manto nero su tutto. Voci. Voci cattive, voci che ridevano, che lo prendevano in giro. Mani che lo toccavano. Non le vedeva, ma le sentiva addosso ovunque. Un grido silenzioso. Erast balzò a sedere di scatto con la mano tremante alla fronte. Era sudato, si allentò il colletto del pigiama, respirava affannosamente. “Cosa c’è?” chiese Viktor entrando nella stanza. Aveva gridato? “Che succede, stai male?”

Sangue d'amore

Sono seduto accanto a lei, la osservo tristemente. Ha il capo voltato dall´altra parte, verso la finestra. I capelli scuri le ricadono sul volto e macchiano il cuscino candido. Sembrano dei lunghi serpenti sottili che fuggono in ogni direzione, che si raccolgono, si scontrano e si riposano. Il suo corpo è nascosto dal lenzuolo. E’ di certo calda, la sento respirare lentamente, in modo cadenzato, a intervalli regolari; chissà se anche il suo cuore è cosi regolare o se si è dimenticato cosa significhi accelerare i battiti. Distolgo lo sguardo verso la finestra da cui penetrano a fatica i raggi luminosi ostacolati dalla pesante tenda. Per me il suo cuore ha smesso di battere. Ho sbagliato troppo e forse è meglio cosi. Per lei. Non sopporto, non posso sopportare il dolore che seguirà quando se ne andrà via. Qualche tempo fa ho scelto di togliermi la vita piuttosto che perderla, ora mi chiedo cosa fare. Nulla ha più senso. Non senza lei. Mi ha accerchiato, mi ha soffocato, m