Marcus camminava piano, con passo sicuro, guardandosi intorno con un misto di repulsione e curiosità.
Un uomo grassoccio gli si parò davanti mostrandogli un cavallo, era molto bello e sembrava in forza, la corta pelliccia brillava a causa del sole. Marcus andò accanto all’animale e tese una mano, ma il commerciante lo ammonì che mordeva, invece lui lo toccò, poi lo accarezzò piano. L'animale abbassò la testa lasciandosi carezzare dietro le orecchie e sulla folta criniera.
“ Quanto costa?”domandò l’uomo fissando gli occhi neri dello stallone che lo guardava. Il mercante gli disse la somma, era caro, tuttavia lo prese e gli ordinò di portarglielo a casa l’indomani, quello ringraziò felice di aver concluso un buon affare.
Marcus fece un cenno del capo e se ne andò verso la parte dove c’erano gli schiavi.
Tutti attorno a lui gli facevano spazio, era uno dei personaggi più illustri di quel epoca e anche chi non lo conosceva gli lasciava sgombro il passaggio; infatti bastavano i suoi vestiti, il suo sguardo severo e il portamento fiero per far capire che apparteneva ad una nobile aristocrazia.
Giunse, quindi, nel centro del mercato, laddove c’erano una marmaglia di schiavi, tutti a petto nudo, i mercanti proclamavano ad alta voce le qualità della propria merce. C’erano uomini robusti che potevano essere usati come gladiatori, giovani per i lavori o per i piaceri, altri per le attività amministrative di una domus; erano legati alle mani e ai piedi, la maggior parte di loro proveniva dalla Tracia, dalla Macedonia, dalla Grecia, da quelle regioni, cioè, che poco tempo prima erano state sconfitte dalla potenza romana.
Marcus si fermò improvvisamente e si guardò attorno con un po’ d’incertezza, infine vide un uomo magro d’aspetto che lo chiamava con un cenno della mano, allora andò in quella direzione. L’uomo gli strinse la mano sorridendogli gentilmente, Marcus fece un mezzo sorriso di convenienza.
“ Era da tanto che non ci si vedeva Marcus!”esclamò quello facendogli strada.
“ Già, è un po’ di tempo…”disse, mentre diede un’occhiata a tutta la merce e gli schiavi che aveva e soggiunse ironico” Vedo che nel frattempo ti sei arricchito".
“ Eh, si, grazie a queste guerre diventiamo anche noi ricchi.”rispose allegramente, Marcus fece una smorfia " Quindi con cosa ti posso servire questa volta?”domandò l’uomo.
“ Mi serve uno schiavo.”disse, l’uomo lo guardò sorpreso, doveva dirgli a quale fine, ma decise che se lo sarebbe scelto da solo, cosi come aveva fatto con gli altri che aveva preso da lui. L’uomo, perciò, gli fece vedere ciò che aveva, erano circa una ventina, tutti in buona forma apparentemente. Marcus li esaminò uno per uno. Nei loro sguardi c’era timore, umiliazione, rassegnazione. Infine giunse alla metà della fila, dove la sua attenzione fu attratta da un giovane che stava ritto, lo guardava fisso e non abbassò lo sguardo neanche quando fu lui ad esaminarlo. Era snello e la sua pelle era di colore avorio, aveva i capelli castani e occhi blu, la sua bocca rosa era storta in una smorfia di disgusto.
Marcus gli si avvicinò e chiese all’uomo che era dietro di lui di dargli le informazioni relative a quello schiavo.
“ Signore… è stato preso in Macedonia, non ci ha voluto dire nulla sulla sua origine, però quando lo hanno catturato era ben vestito, di certo non appartiene a ceti bassi. Parla bene sia il greco sia il latino, sa molte materie fra cui filosofia, matematica, astronomia, letteratura greca e altre. In quanto a lavori manuali non sa fare nulla, in compenso è capace di suonare l’arpa e il flauto.”disse velocemente. Marcus osservò in silenzio il ragazzo. Era delicato, di nobile aspetto, di certo era un aristocratico rapito, non era di certo la prima volta che accadeva una cosa simile! E a prova di ciò stava che era molto istruito.
Quando rientrò a casa, quella sera, non seppe dirsi il perché avesse scelto quel ragazzo. Forse la colpa era dello sguardo fiero e del portamento orgoglioso, sicuramente non era uno che si piegava solo perché era stato fatto prigioniero.
Lo aveva lasciato alle cure di una schiava grassoccia di mezz’età affinché lo vestisse e lo rifocillasse. Più tardi aveva l’intenzione di parlargli. Doveva proprio ammettere che lo incuriosiva.
Alexandros si guardò attorno con timore, non conosceva l’ambiente, eppure pareva una casa tranquilla; una schiava gli aveva dato un chitone bianco legato in vita con una cintura rosso scuro e poi gli aveva dato da mangiare. Non aveva aperto bocca; di certo lo stato di schiavo non gli donava, ma ormai aveva capito che non poteva farci nulla; di fatto, era stato imprigionato dai conquistatori romani e in un certo senso si era rassegnato, tanto più che ora era stato venduto.
Finito di mangiare, fu chiamato per andare dal suo nuovo padrone. Senza dire nulla si avviò verso la stanza che gli indicarono. Bussò ed entrò con passo sicuro. Anche se era uno schiavo il suo portamento non lo poteva di certo perdere! Faceva parte di lui.
L’uomo che lo aveva comprato stava dritto in piedi dandogli le spalle e guardando fuori sulla veranda. Indossava una lunga tunica bianca con sopra una specie di tonaca rosso scuro che stava su una spalla e andava alla vita, era la toga praetexta; aveva i capelli corti castano scuro, sembrava abbronzato. Quando lo sentì arrivare si voltò e lo osservò in silenzio.
Alexandros sapeva che spettava a lui la prima parola; chissà perché quando si sentì esaminare da quegli occhi blu- neri abbassò lo sguardo.
L’uomo andò verso una scrivania piena di pergamene, di volumi, d’inchiostri.
“ Come ti chiami?”gli chiese, mentre firmava una pergamena.
“ Alessandro.”rispose piano.
“ Sei greco?”volle sapere.
“ Macedone".
“ Quindi il tuo nome è Alexandros”replicò con accento perfetto, il ragazzo rimase un po’ sorpreso. “ Esatto".
“ Qual è la tua origine sociale?”chiese prendendo due volumi.
“ Non penso abbia importanza la mia origine, ora sono uno schiavo”ribatté, Marcus si voltò verso di lui e alzò un sopracciglio.
“ Mi sembri intelligente, ma anche orgoglioso, l’orgoglio non esiste negli schiavi”sibilò piano, Alexandros alzò una spalla.
“ Beh, cosa volete farmi se sono orgoglioso? Uccidermi? Non ho di certo paura della morte, anzi è molto meglio che sopportare la schiavitù!”rispose con calma.
“ No, mi sei costato troppo per ucciderti. Mi hanno assicurato che sei molto istruito...”continuò Marcus.
“ Forse vi hanno mentito.”lo interruppe lui ironico.
“ No, lo escludo, non avrebbero il coraggio di ingannarmi.”affermò calmo” Proprio perché sei cosi istruito sarai il precettore dei miei tre figli.”concluse con tono voce che non lasciava spazio a repliche.
“ Come volete.”disse alzando la spalle, tuttavia non poté fare a meno di guardarlo sorpreso, sembrava abbastanza giovane per avere già tre figli, ma scacciò in fretta quei pensieri, la cosa non lo doveva di certo interessare.
“ Vai a riposarti ora. Inizierai da domani. Chiedi a Cassia, la schiava che si è preso cura di te, dove è la tua stanza.”lo informò e gli fece cenno di andarsene.
Alexandros fece un breve inchino e si voltò per andarsene, ma Marcus lo richiamo, quindi si voltò e lo guardò stupito.
“ Quanti anni hai Alexandros?”chiese osservandolo con un’espressione che non poté decifrare.
“ Diciotto.”rispose piano, l’uomo non reagì, gli disse solo che poteva andarsene.
Alexandros si mise sul letto bianco di una stanza abbastanza grande e non capiva come mai ad uno schiavo gli fosse dato una simile camera, di norma dormivano in una parte della casa riservata solo a loro. Tuttavia i suoi pensieri non andarono oltre. In un attimo si addormentò.
Il suo fu un sonno agitato; alla sua memoria si affacciarono improvvisamente dei soldati, c’era fuoco dappertutto, una voce di giovane donna lo stava chiamando disperatamente, lui era seduto per terra, non poteva alzarsi, non ne aveva la forza, tese un mano, in cerca di aiuto, ma quando si accorse che era piena di sangue guardò il cielo rosso e svenì.
Alexandros saltò sul letto. Era tutto sudato. Si passò una mano fra i capelli. Cos’era quel sogno? Perché gli pareva cosi nitido, di un realismo sconcertante? Forse era un suo ricordo?
Non sapeva, non poteva dirlo dato che non ricordava molto del proprio passato.
Questi suoi pensieri furono disturbati da Cassia, la quale entrò nella sua stanza e gli disse che avrebbe dovuto vestirsi per andare dai figli del loro padrone. Il ragazzo la ringraziò e obbedì.
Alexandros si guardò attorno con timore, non conosceva l’ambiente, eppure pareva una casa tranquilla; una schiava gli aveva dato un chitone bianco legato in vita con una cintura rosso scuro e poi gli aveva dato da mangiare. Non aveva aperto bocca; di certo lo stato di schiavo non gli donava, ma ormai aveva capito che non poteva farci nulla; di fatto, era stato imprigionato dai conquistatori romani e in un certo senso si era rassegnato, tanto più che ora era stato venduto.
Finito di mangiare, fu chiamato per andare dal suo nuovo padrone. Senza dire nulla si avviò verso la stanza che gli indicarono. Bussò ed entrò con passo sicuro. Anche se era uno schiavo il suo portamento non lo poteva di certo perdere! Faceva parte di lui.
L’uomo che lo aveva comprato stava dritto in piedi dandogli le spalle e guardando fuori sulla veranda. Indossava una lunga tunica bianca con sopra una specie di tonaca rosso scuro che stava su una spalla e andava alla vita, era la toga praetexta; aveva i capelli corti castano scuro, sembrava abbronzato. Quando lo sentì arrivare si voltò e lo osservò in silenzio.
Alexandros sapeva che spettava a lui la prima parola; chissà perché quando si sentì esaminare da quegli occhi blu- neri abbassò lo sguardo.
L’uomo andò verso una scrivania piena di pergamene, di volumi, d’inchiostri.
“ Come ti chiami?”gli chiese, mentre firmava una pergamena.
“ Alessandro.”rispose piano.
“ Sei greco?”volle sapere.
“ Macedone".
“ Quindi il tuo nome è Alexandros”replicò con accento perfetto, il ragazzo rimase un po’ sorpreso. “ Esatto".
“ Qual è la tua origine sociale?”chiese prendendo due volumi.
“ Non penso abbia importanza la mia origine, ora sono uno schiavo”ribatté, Marcus si voltò verso di lui e alzò un sopracciglio.
“ Mi sembri intelligente, ma anche orgoglioso, l’orgoglio non esiste negli schiavi”sibilò piano, Alexandros alzò una spalla.
“ Beh, cosa volete farmi se sono orgoglioso? Uccidermi? Non ho di certo paura della morte, anzi è molto meglio che sopportare la schiavitù!”rispose con calma.
“ No, mi sei costato troppo per ucciderti. Mi hanno assicurato che sei molto istruito...”continuò Marcus.
“ Forse vi hanno mentito.”lo interruppe lui ironico.
“ No, lo escludo, non avrebbero il coraggio di ingannarmi.”affermò calmo” Proprio perché sei cosi istruito sarai il precettore dei miei tre figli.”concluse con tono voce che non lasciava spazio a repliche.
“ Come volete.”disse alzando la spalle, tuttavia non poté fare a meno di guardarlo sorpreso, sembrava abbastanza giovane per avere già tre figli, ma scacciò in fretta quei pensieri, la cosa non lo doveva di certo interessare.
“ Vai a riposarti ora. Inizierai da domani. Chiedi a Cassia, la schiava che si è preso cura di te, dove è la tua stanza.”lo informò e gli fece cenno di andarsene.
Alexandros fece un breve inchino e si voltò per andarsene, ma Marcus lo richiamo, quindi si voltò e lo guardò stupito.
“ Quanti anni hai Alexandros?”chiese osservandolo con un’espressione che non poté decifrare.
“ Diciotto.”rispose piano, l’uomo non reagì, gli disse solo che poteva andarsene.
Alexandros si mise sul letto bianco di una stanza abbastanza grande e non capiva come mai ad uno schiavo gli fosse dato una simile camera, di norma dormivano in una parte della casa riservata solo a loro. Tuttavia i suoi pensieri non andarono oltre. In un attimo si addormentò.
Il suo fu un sonno agitato; alla sua memoria si affacciarono improvvisamente dei soldati, c’era fuoco dappertutto, una voce di giovane donna lo stava chiamando disperatamente, lui era seduto per terra, non poteva alzarsi, non ne aveva la forza, tese un mano, in cerca di aiuto, ma quando si accorse che era piena di sangue guardò il cielo rosso e svenì.
Alexandros saltò sul letto. Era tutto sudato. Si passò una mano fra i capelli. Cos’era quel sogno? Perché gli pareva cosi nitido, di un realismo sconcertante? Forse era un suo ricordo?
Non sapeva, non poteva dirlo dato che non ricordava molto del proprio passato.
Questi suoi pensieri furono disturbati da Cassia, la quale entrò nella sua stanza e gli disse che avrebbe dovuto vestirsi per andare dai figli del loro padrone. Il ragazzo la ringraziò e obbedì.
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