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Noi due (capitolo 7)


Hesediel attraversò rapidamente la hall dell’albergo, tuttavia non poté non notare gli sguardi incuriositi di alcuni sottoposti.
Al suo passaggio una cameriera sussurrò qualcosa all’orecchio di un’altra che arrossì osservandolo.
Si passò stancamente una mano fra i capelli fermandosi al bancone della reception.
"Brunetti!" chiamò impaziente. L’uomo sulla quarantina apparve all’istante come se fosse stato un’invocazione.
"Bentornato signore, desidera?" chiese con tono cordiale.
Hesediel socchiuse gli occhi serrando le labbra. Sul volto dell’altro leggeva disagio, era successo qualcosa che non voleva dirgli. Gli si avvicinò di un centimetro.
"Sapere cos’è accaduto in mia assenza" rispose freddo.
"Nulla al di fuori dell’ordinario signore; i suoi collaboratori hanno lasciato dei messaggi, alcuni clienti sono stati piuttosto scontrosi e hanno rotto delle luci nella discoteca a ovest, una cameriera è in ospedale…ah! Il signor Lucas mi ha detto di riferirle che deve parlarle con urgenza e anche il signor…" l’uomo fu interrotto dall’altro che fece un gesto stizzito.
"Non m’interessano queste sciocchezze, dimmi perché tutti mi guardano cosi".
"Cosi come, signore? La guardano come sempre…".
"Strano, fino a qualche minuto fa capivi benissimo la mia lingua… forse devo…?" lo minacciò sibilando.
"Parlano di suo marito, signore" rivelò infine, un lieve rossore accoglievano quelle guance mature.
Hesediel alzò un sopracciglio.
"Mio…marito? E chi sarebbe?" volle sapere, anche se mezza idea di colui il quale avrebbe avuto il coraggio di fargli uno scherzo di cattivo gusto come quello ce l’aveva. In fondo era l’unico che non sapeva di cosa fosse capace se gli avrebbero fatto un torto.
"E’ ehm… quel giovane, mi sembra si chiamasse Gabriel" lo informò.
"Capisco, va bene, provvedi di dire a tutti di farsi gli affari propri e che la mia vita coniugale non li riguarda. Per il resto, voglio riposare, quindi non ci sono per nessuno, tranne per mio…marito" disse con espressione divertita.
Se Gabriel voleva giocare, lo avrebbe accontentato.
Andò nella sua suite e gettò la giacca del completo sopra un divano, si accese una sigaretta e prese il telefono.
Dopo alcuni squilli gli rispose una voce maschile, il suo tono era sorpreso, arrabbiato, pieno di risentimento.
Hesediel ascoltò in silenzio tutte le sue accuse diffamatorie, sorrise impercettibilmente. Ma quant’era ragazzino? Alla domanda perché lo avesse chiamato, allargò il sorriso in modo quasi crudele.
Glielo disse.
Dall’altra parte silenzio.
Poi insulti.
Hesediel chiuse la chiamata e si alzò.
Aveva giusto il tempo di farsi una doccia. Ma senza alcuna fretta.
Uscì soltanto con un asciugamano attorno ai fianchi, guardò fuori da una finestra. Strano, non era ancora arrivato, ma improvvisamente gli venne in mente un piccolo dettaglio, prese il telefono.
Questa volta colui che gli rispose gli mostrò il massimo rispetto. La chiamata fu di breve durata, dopodiché chiese al ristorante di portargli dello champagne e della frutta. Si mise una vestaglia di seta nera e si stese sul grande divano bianco sorseggiando un bicchiere di whisky.


Quando aprì gli occhi ebbe un piccolo sussulto, del quale, però, il ragazzo che gli stava seduto davanti non se ne accorse.
Gabriel, scuro in volto, sedeva sul divano di fronte al suo e lo osservava con attenzione. Aveva le guance leggermente arrossate, poteva benissimo immaginare a cosa aveva pensato vedendolo dormire.
Indossava un paio di jeans neri e una maglietta bordeaux leggera con collo a V, i suoi capelli scuri si ribellavano al gel e sembravano scompigliati, la sua pelle era diafana e le labbra rosse erano martoriate dai denti. Di certo neanche si rendeva conto di quanto fosse sensuale nonostante quell’aria imbronciata. Gabriel era proprio un ragazzino. Il suo eterno ragazzino.
Sentì un fremito nel cuore quando un ricordo in particolare si affacciò alla sua mente, cercò di scacciarlo nel momento in cui assumeva la sua usuale aria superiore e fredda.
"Ma tu guarda: mi chiami qui e poi ti addormenti" commentò acido Gabriel accavallando le gambe e cercando di acquistare una calma e sicurezza che non gli appartenevano.
"Lavorare stanca animaletto" si tirò su a sedere.
"Non chiamarmi cosi!" sbottò fissandolo negli occhi, però quando i loro sguardi si incrociarono, guardò altrove.
"Va bene, vipera" lo prese in giro.
"Vipera?! Perché?".
"Che voto hai a biologia?".
"Che t’importa?".
"Dovresti sapere che il morso umano è pericoloso come quello di una vipera, ragazzino" lo informò sarcastico toccandosi leggermente il collo nel punto in cui si univa alla spalla.
Il ragazzo portò lo sguardo in quel posto e si morse piano il labbro vedendo un’enorme ematoma lasciatogli dai suoi denti.
"Era il minimo" disse con voce tremante.
"Per cosa? Per averti fatto provare piacere?" chiese ironico. Gabriel balzò su irritato.
"Piacere?! Se non te ne fossi reso conto hai fatto tutto senza il mio consenso, potrei pure denunciarti!" alzò la voce stringendo i pugni dai nervi.
"Certo, denunciarmi…" gli scappò un risolino " Falla finita, sappiamo entrambi che ti è piaciuto".
"Basta! Dammi quello che è mio e non rompere!" urlò arrabbiato. Hesediel socchiuse gli occhi.
"Vieni a prendertelo" lo provocò.
Gabriel lo fissò allarmato.
"Stai scherzando".
"Ti pare?".
"Dammelo" richiese con voce tremante. Tutta la sua ira era sparita, quell’uomo cosi sicuro di sé riusciva a soggiogarlo e questo non gli piaceva affatto. Hesediel si mise seduto meglio e trasse dalla tasca una collana con un medaglione.
"E’ molto bello, devi tenerci per portatelo dietro sempre" commentò esaminando il piccolo gioiello rotondo con delle lettere stilizzate dietro. Gabriel non aveva mai conosciuto il loro particolare significato, Hesediel spostò subito lo sguardo verso il ragazzo, qualcosa gli bruciò nel petto. Evidentemente quel giorno la malinconia tornava a farsi sentire.
"Che t’importa?".
"Vipera non ti conviene essere scontroso, se vuoi indietro il medaglione, naturalmente".
"Tu non…".
"Vogliamo vedere? Ora basta, vieni qui".
Il ragazzo era teso, non sapeva cosa passasse per la mente dell’altro mentre lo osservava cosi seriamente, ma non aveva scelta, ormai più o meno aveva ben capito che tipo di uomo fosse ed era sicuro che non gli avrebbe restituito il medaglione se non avesse fatto quello che voleva. Il problema è che teneva troppo a quel monile, la ragione non la sapeva nemmeno lui. Passandosi una mano fra i capelli, superò il basso tavolino e gli si avvicinò; in meno di un secondo si ritrovò a cavalcioni su Hesediel che gli poggiava le mani sui fianchi con un sorriso soddisfatto.
"Che fai?!" domandò con voce rotta, stava tremando e non capiva se per la paura o per l’eccitazione, tuttavia era sicuro che il proprio corpo aveva sentito la mancanza di quello di Hesediel. Era irritato con se stesso. Cercò di divincolarsi, però l’uomo gli baciò dolcemente il collo nel frattempo che una sua mano si spostava sulla coscia facendolo sussultare.
"Fermati…" lo pregò deglutendo, Hesediel gli obbedì e lo guardò negli occhi.
"Non lo vuoi davvero".
"Non è vero".
"Non è vero cosa? Che non lo vuoi davvero? O che lo vuoi? O che…?".
"Finiscila, non ci capisco niente".
"Ammettilo, sentivi la mancanza delle mie mani su di te" riprese a baciargli e stuzzicargli coi denti il collo, mentre le sue mani gli alzavano la maglietta.
"No" sussurrò, istintivamente gli artigliò i capelli mordendosi le labbra e socchiudendo gli occhi. Sentiva che una passione, che non aveva mai provato prima, lo stava divorando.
"Menti" gli tolse la maglia lasciandolo a seminudo "Voglio farti mio".
"Ho paura" rispose abbandonandosi definitivamente alle sensazioni che stava provando.
Aveva paura, era vero, ma non sapeva di che cosa, se del dolore che avrebbe sentito facendo sesso con lui o paura di sentire che gli piaceva.
"Lo abbiamo già fatto, rilassati" sorrise constatando che il ragazzo aveva desistito dal voler allontanarsi da lui "Andiamo di là?".
"No!" esclamò sgranando gli occhi "Per questa volta… v- va bene, ma non voglio che mi baci o lo facciamo sul letto" affermò arrossendo.
Hesediel alzò un sopracciglio. Non sapeva se sentirsi irritato o ridere. Quanto era romantico! Distingueva il sesso dall’amore.
Al mondo ce n’erano pochi cosi.
Lo mise supino sul divano slacciandogli i pantaloni, poi fece cadere la propria vestaglia esponendo il proprio corpo allo sguardo meravigliato di Gabriel che chiuse gli occhi per non godere della sua vista. Una tenerezza che pensava di non possedere gli invase i gesti e il petto.
Gabriel.
Finalmente lo poteva riavere. Gli prese le gambe e se le mise sui fianchi mentre tradiva la tacita promessa che gli aveva fatto di non baciarlo. Il ragazzo, riluttante all'inizio, lo ricambiò attirandolo verso di sé.


Osservava Gabriel dormire sfinito, il suo bel viso era sereno se non per un sopracciglio che a volte si contraeva, le labbra socchiuse erano gonfie per i baci che lo aveva obbligato a restituire, i capelli scompigliati gli cadevano sulla fronte sudata, il respiro si era fatto regolare. D’un tratto tremò leggermente. Doveva avere freddo, in fondo era nudo.
Hesediel lo prese fra le braccia e lo portò nella propria stanza da letto, lo mise sotto le coperte e gli baciò leggermente la fronte.
Uscì con passo veloce.

Commenti

  1. oh c....o vuoi farmi morire? XD XD XD
    Dio oooooo che belloooooooooooooooooo
    capitolo meraviglioso!!!!!

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  2. Tesoro...attenta a non fare overdose di racconti!!!XDcmq grazie!^__^

    RispondiElimina

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