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Alexandros ( capitolo 13)

Alexandros sedeva in giardino e pareva soprappensiero. Nonostante ormai non fosse più caldo, indossava soltanto una tunica, i capelli lunghi gli ricadevano su una spalla, il volto era più pallido del solito. Gavriil stava innaffiando alcune piante, ma era piuttosto preoccupato per lui. Quando Alexandros aveva saputo della decisione di Marcus di mandare Julius in Asia si era sentito terribilmente in colpa e non aveva più aperto bocca.
Il ragazzo sarebbe dovuto partire due giorni prima, però a causa di alcuni problemi burocratici la partenza era stata rimandata di tre giorni.
Alexandros aveva visto Julius soltanto una volta, di sfuggita, e il ragazzo non gli aveva neanche rivolto un saluto. Passava molto tempo insieme a Cornelius, che, quando lo vedeva, gli accennava solo un saluto cortese e andava da Julius. In fondo era normale che volesse passare il tempo che gli rimaneva con il fratello, anche Aemilia spesso si univa a loro, ma stava pure con lui raccontandogli dei pettegolezzi divertenti cercando di farlo ridere.
Ridere era il suo ultimo pensiero.
Marcus era invisibile, raramente lo incontrava. Era freddo, molto più del solito.
Voleva guarire presto, sentiva ancora dei doloretti, ma in fin dei conti stava molto meglio.
Si alzò di scatto, doveva muoversi un po’, gli ultimi avvenimenti lo avevano sfinito a livello psicologico, non solo per quello che stava accadendo in quella famiglia, ma anche perché, forse a causa del trauma di essere malmenato, aveva ricordato chi fosse.
Il problema era proprio quello.
Si era ricordato del padre, della madre e della sorella; si era rammentato di dove fosse vissuto, di che ruolo aveva avuto in quella società.
Ora che sapeva perfettamente chi fosse trovava nuovamente umiliante essere uno schiavo. Doveva fare qualcosa. Aveva passato fin troppo tempo a giocare il ruolo del bravo schiavetto, ora aveva davanti due opzioni: uno, chiedere direttamente a Marcus l’affrancamento; due, scappare.
Ancora non sapeva cosa fare, decise che fosse saggio innanzitutto guarire, poi ci avrebbe pensato seriamente.
“Alexis, stai bene?” lo riscosse la voce gentile di Gavriil che gli si era avvicinato.
“Si, grazie, sai per caso dove sia Marcus?” domandò passandosi una mano fra i lunghi capelli.
“L’ho visto prima nell’exedra”.
“Era da solo?”.
“Mi pare di si”.
Il ragazzo ringraziò e s’incamminò verso quella parte della domos.
Bussò e, ottenuto il permesso di entrare, varcò la soglia immergendosi negli occhi di Marcus che inarcò un sopracciglio vedendolo, gli diede le spalle continuando a leggere qualche cosa su una pergamena.
“Cosa c’è?” domandò senza tanti preamboli.
Glaciale.
“Volevo chiederle cosa dovessi fare, ormai sto abbastanza bene” fece lui con tono sicuro.
Marcus si immobilizzò e tornò a squadrarlo. Qualcosa nella sua voce era cambiato.
Era tornato ad avere il tono che aveva quando lo aveva acquistato, una voce fiera che non si sarebbe mai sottomessa.
Lo esaminò meglio, stava ritto, con il suo portamento nobile, gli occhi che non cedevano ai suoi.
Non sapeva se considerarsi turbato o irritato.
“Per oggi stai ancora a riposo, domani Julius partirà e ricomincerai ad occuparti di Cornelius e Aemilia” gli ordinò sedendosi.
“Bene, ora se mi concede…” disse il ragazzo volendo uscire.
“No, non ancora, chiudi quella porta e vieni qua”.
Alexandros esitò un attimo, poi gli obbedì.
Prese la mano che l’uomo gli tendeva e sedette sulle sue gambe lasciandosi travolgere dal bacio che Marcus gli aveva strappato con la forza.
Non era un bacio come quelli che gli aveva regalato mesi prima, era impaziente, quasi violento.
Marcus gli afferrò i capelli e li tirò indietro facendogli emettere un gemito di dolore, scoprendogli il collo, glielo morsicò con la chiara intenzione di fargli male, con la mano libera gli scoprì la pelle delle spalle, gli tirò la tunica giù mettendo a nudo il suo petto.
“Ma- Marcus… potrebbe venire qualcuno… qui siamo…” mormorò con paura nella voce.
“Non mi importa, sono io il patronus qui, te lo sei dimenticato?” replicò strizzandogli un capezzolo e facendolo gridare, un grido che cercò di soffocare mettendosi una mano sulla bocca.
“Ma se venisse Aemilia, lei entra senza… ah… bussare” insistette il ragazzo.
“Si, hai ragione” acconsentì e non gli diede neanche il tempo di realizzare quello che stava succedendo poiché lo caricò su una spalla e uscì con lui. Alexandros non sapeva che fare, gli chiese di farlo scendere, ma non c’era possibilità che lo avrebbe ascoltato, mettersi a urlare non poteva, quindi cercò di stare tranquillo mentre le sue guance diventavano di porpora mano a mano che alcuni schiavi li vedevano e rimanevano sorpresi.
Marcus aprì la porta della sua stanza e lo buttò sul letto, gli si stese subito sopra.
Aveva una voglia matta di prenderlo, lì e subito.
Era passato cosi tanto tempo dall’unica volta che lo aveva fatto suo, che non riusciva quasi più a controllarsi. E quella sua espressione fiera di poco prima gli aveva riacceso il fuoco che aveva cercato di domare.
Lo desiderava cosi tanto che gli sembrava che anche la pelle fosse di troppo, voleva sprofondare in lui, prenderlo con la violenza fino allo sfinimento.
Gli catturò la bocca, lo violò all’interno, però dopo un momento di sorpresa, forse di paura, anche Alexandros ricambiò il bacio, con lo stesso impeto. Si baciavano fino a sentire di soffocare, si staccavano solo pochi attimi, poi allacciavano di nuovo le loro lingue veementi, le mani di Marcus, piene di calli per l’uso quotidiano di spada e altre armi, gli staccarono la tunica impazienti, si muovevano sul suo corpo caldo, lo tormentavano; Marcus passò a baciarlo sul collo nel frattempo che già lo preparava.
Non aveva proprio la pazienza per giocare.
Lo voleva subito.
E in fondo neanche Alexandros non chiedeva di meglio, pure lui lo desiderava.
Il ragazzo allargò le cosce e gli fece subito spazio in lui. Marcus cercò di fare piano, Alexandros non era di certo ancora abituato ad accoglierlo, ma dopo un piccolo gridolino da parte sua, vide che si rilassò. Lo baciò di nuovo cominciando a muoversi in lui.
Alexandros strinse le gambe sui suoi fianchi, lasciandosi sopraffare dalle ondate di piacere che gli arrivavano ad ogni spinta di Marcus, il quale lo stava masturbando con lo stesso ritmo dei suoi affondi.
Si lasciò travolgere completamente da lui, chiuse gli occhi ansimando sempre più forte, le sue mani gli graffiavano la schiena, la sua bocca cercava quella di Marcus, i loro respiri si mescolavano, i loro cuori battevano all’unisono. Era come se si stessero completamente fondendo.
E infine lo raggiunse il piacere, inaspettato, devastante, stremante.
Poco dopo vide Marcus lanciare la testa all’indietro, il viso imperlato di piccole gocce di sudore, gli occhi chiusi.
L’uomo si distese su di lui.
Aspettarono che i respiri tornassero regolari, quindi Marcus alzò il capo per guardarlo, gli accarezzava i capelli che gli arrivavano ormai al petto, gli baciò la punta del naso e si mise accanto a lui.
“Volevi essere posseduto da me?” gli chiese malizioso morsicandogli un orecchio e facendogli sentire nuovamente strani movimenti di eccitazione nello stomaco.
“Mi pareva fossi stato chiaro” rispose con lo stesso tono, l’uomo sorrise e lo baciò nuovamente.
“Si, limpido come l’acqua”.
Stettero ancora cosi a lungo, poi Alexandros lo guardò incerto.
“Cosa c’è?” domandò Marcus soffocando uno sbadiglio.
“Non dovrebbe alzarsi? Ha ancora molto da fare e domani…” non finì la frase che l’uomo lo interruppe con un gesto di nonchalance.
“Più tardi, ora voglio dormire un po’ con te” lo informò facendolo voltare per prenderlo in braccio.
“Si, ma poi il senatore Lucano Se…” protestò, però fu nuovamente interrotto da Marcus.
“Alexandros, dormi” sussurrò prima di dargli un leggero bacio sui capelli e chiudere gli occhi ispirando quel profumo che gli riempiva l’essere.*
Alexandros si accoccolò al suo petto. Era bello stare abbracciato cosi a lui, contro il suo corpo massiccio, sentirsi quasi protetto.
Solo che era uno schiavo e non voleva esserlo, voleva stargli accanto come un uomo libero, dirgli chi era in realtà, essere considerato un suo pari.
Tutto quello, tuttavia, non era possibile.

Cornelius stava col capo sul petto di Julius, sentiva il battito regolare del suo cuore.
Lasciò vagare una mano sul suo ventre.
Tutto quello che era successo era stata pura follia, lo sapevano entrambi. Se qualcuno lo fosse venuto a sapere… scosse piano la testa, questo non doveva succedere.
Quel loro amore malato non doveva essere assolutamente scoperto, sapeva benissimo che non avrebbe dovuto lasciare che il fuoco della passione divulgasse nel suo animo e in quello del fratello, tuttavia era accaduto e nonostante sapesse che fosse dannatamente sbagliato, non poteva non nutrirsi con l’illusione di quell’amore, di sentirsi felice stando accanto a lui, una felicità che da lì a poche ore sarebbe stata uccisa dalla partenza di Julius.
Aveva paura di cosa avrebbe fatto senza di lui, gli aveva proposto di accompagnarlo, però Julius non aveva neanche preso in considerazione la sua idea, gli aveva soltanto detto che non faceva per lui, che voleva saperlo a casa, al sicuro.
E lui aveva accettato il suo desiderio.
La mano di Julius gli carezzò piano la schiena rivelandogli di essere sveglio, il ragazzo si allungò verso di lui e gli posò un bacio a fior di labbra.
“Mi mancherai” sussurrò piano lasciando scivolare l’ennesima lacrima che fu prontamente asciugata da un dito di Julius.
“Anche tu, non piangere, tornerò presto, te lo prometto”.
Cornelius annuì soltanto sperando che sarebbe stato cosi.
“Non buttarti giù, ti scriverò, te lo prometto e poi verrò, ti prenderò e torneremo a casa” gli promise. Cornelius annuì sentendo che se solo avesse cercato di parlare sarebbe scoppiato in singhiozzi, nascose il volto nel suo collo cercando di controllarsi, Julius gli baciò la fronte “Fortem fac animum habeas**” sussurrò con voce tremante.

Julius salutò la sorella raccomandandole di aver cura di sé e ricordandole che al suo ritorno sarebbe stata una vera signorina, salutò Marcus in modo del tutto freddo, ma senza alcun rancore, chiese dove fosse Alexandros, andò da lui e gli sorrise timidamente, quindi fece un gesto del tutto inaspettato: gli prese la mano e gliela baciò. Tutto questo accadde senza una parola.
Infine il saluto più doloroso lo ebbe con Cornelius. Gli si straziò l’anima vederlo cosi triste.
Poi se ne andò.
Lasciò quella casa dove aveva vissuto gli anni della sua adolescenza, dove aveva conosciuto l’attrazione e l’amore.
Intraprese la via che lo avrebbe portato a diventare un uomo.

Quella notte fu lunga, dolorosa per tutti.
Aemilia leggeva cercando di sembrare lieta come sempre, aveva ricercato la presenza di Gavriil che le stava correggendo gli sbagli di pronuncia durante la lettura in greco.
Marcus tentava inutilmente di comprendere cosa fosse scritto sul rapporto dei suoi luogotenenti, lasciò cadere le pergamene sul tavolo e si nascose il volto fra le mani.
Cornelius, nel letto di Julius, si stringeva al petto una sua tunica e piangeva silenziosamente.
Alexandros rientrò nella propria camera, cupo in viso. Sedette su uno sgabello, si passò una mano sul viso, poi si alzò per spogliarsi, ma si bloccò nel vedere una lettera sigillata sul suo tavolo. La prese e vide che era indirizzata a lui. Era da parte di Julius.

Alexandros, non so perché mi sono messo a scrivere questa lettera, e per di più in greco, chissà quanti errori faccio e tu mi ucciderai la prossima volta che ci rivedremo, anche se avresti molti più motivi per farlo. Ho cercato di tirare su il morale dei miei fratelli, ma tu sai bene che probabilmente non tornerò indietro mai più e se questo dovesse succedere non vorrei morire sapendo che nutri verso di me astio, per questo ti chiedo perdono, perché ho sbagliato molto verso di te.
Ti prego perdonami.
E ti prego abbi cura di Aemilia, Marcus e soprattutto di Cornelius, per lui la mia distanza sarà devastante e potrebbe anche… scusami, non dovrei chiederti tutte queste cose, ma tu sei l’unico in cui ho riposto la mia fiducia. Strano, vero?
Ora smetto di scrivere in greco perché, come sai, mi fa venire il mal di testa.
Tu fac ut tuam valetudinem cures. Ignosce.
Vale.***”











*Forse vi state chiedendo perchè Marcus sia cosi gentile e quasi affettuoso con Alexandros, perchè in fin dei conti un romano raramente si sarebbe comportato cosi con uno schiavo, beh, il perchè lo scoprirete più avanti.



**"Cerca di avere un animo forte(Cic.)".



***"Tu cerca di curare la tua salute. Perdonami. Addio."

Commenti

  1. Mmmmmm capitolo grrrrrr
    ok smetto di parlare a versi ihih.
    Davvero... emh... MMMMMM non riesco a dire altro! ahahahha
    NO, davvero com'è dolce Marcus! Love

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