Passa ai contenuti principali

Noi due (capitolo 6)


Era normale.
Era una cosa perfettamente normale e fisiologica, non era lui che era diventato tutt’ad un tratto gay.
Si passò una mano sopra gli occhi rossi. Il computer con un beep si spense togliendo ogni fonte di luce nella stanza.
Aveva appena scoperto che il sesso anale poteva rivelarsi estremamente piacevole per un maschio penetrato in quanto il pene stimolava la prostata, ritenuto l’organo maschile più erogeno, e la cosa lo aveva preso del tutto di sorpresa.
Guardò l’ora. 5.17 am.
Quel tiranno di Kasim lo aveva in sostanza steso con gli allenamenti di quella notte, e almeno facesse quegli stramaledetti esercizi di giorno! No, lui doveva farli di notte per stressarlo e affaticarlo di più. Il buio, infatti, anche se inconsciamente, lo metteva in agitazione e lo rendeva più debole. Sospirò tra i denti. Si alzò dalla sedia indolenzito, nonostante fossero passati quattro giorni dalla notte in cui era stato sverginato, il fondoschiena ancora ne risentiva del trattamento di Hesediel.
Prese una tuta dal colore scuro e si avviò verso le docce comuni, dove, con stanchezza infinita si spogliò e si mise sotto una doccia mentre gli sfuggiva un gemito per il dolore che sentì lungo la schiena.
Quel maledetto pervertito!
Chiuse gli occhi appoggiandosi al muro, lasciandosi lavare dall’acqua che scorreva veloce sul proprio corpo e, senza neanche accorgersi, si portò la mano sull’addome che si stava pericolosamente spostando nel basso ventre in cerca di un piacere che gli era stato rubato da Hesediel. Sgranò gli occhi togliendo la mano con un gesto stizzito. Cosa stava facendo? Si voleva masturbare pensando a quell’individuo?! Neanche morto!
Spense il rubinetto e si avvolse i fianchi in un asciugamano bianco, anche se il suo amichetto dei piani bassi protestava ad essere rinchiuso in tale modo.
Ringraziò mentalmente quella scuola cosi severa, almeno lo aveva abituato a resistere ai bisogni, o meglio ai capricci, del corpo.
Si vestì rapidamente e tornò nella propria stanza; si mise a letto per riposare, quando gli squillò il telefono, infastidito rispose, ma subito la sua voce cambiò.
“Mamma!” esultò, tutta la stanchezza degli ultimi giorni si era come volatilizzata.
“Amore, come va?” gli chiese soave.
“Bene, un po’ stanco…”rispose mordendosi la lingua, sua madre forse non sapeva dell’accaduto.
“Ah, si per quella storia… mamma mia questi uomini! Non capiscono che voi giovani abbiate bisogno di distrarvi!”.
“Ehm si… piuttosto dimmi: papà si è arrabbiato tanto? Non ha voluto neanche sentirmi…”.
“No, stai tranquillo, non è per niente irato con te, ha assicurato che una volta può anche capitare, basta che non diventi un’abitudine” lo informò e improvvisamente il suo avvilimento scomparì.
Ormai si sentiva come nuovo. Suo padre, il suo severo e rude papà, non era incazzato! Quasi volle fare i salti per la gioia! Si trattenne.
“Ieri sera ho parlato con Hegyron” gli disse piano.
“Hegyron? Perché?”.
“Ti avevo chiamato, ma tu eri agli allenamenti… mi ha ricordato che ultimamente sei strano, e anche con me non parli più moltissimo, sei sicuro vada tutto bene tesoro?” gli domandò con tono preoccupato.
Gabriel restò in silenzio.
Se andava tutto bene?
Aveva la mente che gli giocava brutti tiri, ricordi che non riuscivano a venire a galla, era stato violentato da un uomo che gli turbava i sogni, il professor Kasim gli aveva dichiarato guerra a vita.
Beh, a parte queste piccole, minuscole, microscopiche problematiche che caratterizzano la vita di ogni adolescente, andava tutto bene.
“Ma certo mamma, sono solo stanco, te l’ho detto…”.
“Mmh..” replicò la donna non molto convinta “Va bene amore, allora ti lascio riposare”.
“Ok”.
“E mi raccomando: chiamami!” la sua voce era tornata nuovamente infantile e capricciosa e molto molto dolce. Gabriel sorrise annuendo come se lei avesse potuto vederlo.
Posò il cellulare sul comodino, si volle mettere a letto, però sentì bussare alla porta. Passandosi una mano fra i capelli e sussurrando qualche insulto fra i denti aprì e si ritrovò davanti Arael che gli stava rivolgendo un sorriso solare.
Gabriel lasciò la porta schiusa e gli diede le spalle, il ragazzo lo seguì e si mise sul bordo del letto.
“Ciao, non mi saluti?” gli domandò malizioso.
“Scusami, sono stanco” sussurrò. Arael sorrise e stese la mano verso di lui, Gabriel lo guardò con occhi interrogativi, tuttavia prese la sua mano. Arael, con poca forza, lo attirò verso di sé e lo fece sedere sulle proprie gambe.
“Co- cosa?” fece Gabriel imbarazzato.
“Shhh” gli sussurrò il ragazzo, mentre gli leccava il lobo.
“Arael che… che stai facendo?”.
“Quello che avrei voluto farti quattro giorni fa se tu non fossi sparito con qualcun altro”.
“Eh?” il ragazzo si irrigidì.
“Oppure eri da solo?” gli chiese dubbioso, poi vedendo che non rispondeva, aggiunse “Non importa”.
Gli depose alcuni baci sul collo, mentre lui non sapeva cosa fare. Era come paralizzato, infine trovò la forza di allontanarsi.
“Non si può Arael” sentenziò imbarazzato.
“E perché? A me sembra che ti piaccia quando ti tocco” gli fece presente accavallando le gambe.
“Non è che lo neghi, però noi siamo due uomini, questo non è…” fu interrotto dall’altro che si alzò e gli mise l’indice sulle labbra per zittirlo.
“Stai dicendo un mucchio di sciocchezze, ma sei stanco, sai cosa penso io? Che tu abbia paura della gente, sei sempre stato un solitario e se qualcuno dimostra un qualche interesse per te tu lo respingi. Ma io so essere molto paziente, perciò vieni qui, lasciati coccolare” lo prese per il polso, spostò le coperte e si mise a letto assieme al ragazzo moro che, complice il sonno, non faceva più alcuna resistenza.
Si fece abbracciare da Arael che gli carezzava dolcemente il collo mentre gli sussurrava chissà quali dolci parole all’orecchio.
Se solo Hesediel fosse stato cosi dolce… forse lui si sarebbe potuto anche innamorare…

Gabriel osservava la bufera che si stava scatenando fuori. Era annoiato, non aveva alcuna voglia di ascoltare la lezione di biologia. Alzò lo sguardo e vide il proprio professore, un uomo che sembrava il perfetto sosia di Einstein, basso, magrolino, con capelli e barba bianchi, forse un po’ trasandato, che spiegava una curiosità riguardo ad una malattia ereditaria.
Improvvisamente bussarono forte e il professore si interruppe, la porta si aprì ed entrarono due suoi compagni che erano in ritardo di un quarto d’ora.
Arael li guardò scocciato e sorrise malizioso.
“E’ proprio vero che i coglioni girano sempre a due” commentò suscitando le risa generali.
“Ehi, ma come parli?!” il professore si era alzato in piedi rimproverandolo.
“Scusi prof, non è che mi potrebbe sbattere fuori? La sua lezione mi sta veramente annoiando” chiese alzandosi in piedi.
“Vai fuori” disse facendogli cenno di uscire, questa scena si ripeteva quasi ogni venerdì, tant’era che il professore non gli metteva neppure più la nota sul registro, ma in cambio lo faceva andare ad allenamenti supplementari.
Arael lo raggiunse e gli passò una mano sul capo, laddove c’era un’evidente calvizie.
“Prof, sa che è molto sexy senza capelli?” gli domandò ironico.
“Fuori Lestes!” urlò rosso in viso.
Arael alzò le spalle, guardò verso la finestra dove era sicuro che avrebbe incontrato lo sguardo di Gabriel, e fu cosi.
Gabriel si morse un labbro, ma Arael ammiccò e uscì con un sorrisino.
Il professore tornò a sedersi e continuò la spiegazione, mentre lui tornò ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra che assomigliava tanto ai sentimenti che covava nel cuore.

Commenti

  1. Bellaaaaaa!Adoro Arael, mio dio come sono sensuali insieme. Ancora, continua, ti prego.

    RispondiElimina
  2. Uhm...davvero ti piace Arael? Pensa che io lo volevo far diventare un personaggio "d'intralcio", ma a questo punto mi pare evidente che cambierò qualche cosinaXD. Si, lo continuo anche se in questo periodo sono piuttosto lenta, uff...

    RispondiElimina
  3. Complimenti,hai una grandissima sensibilità e una spiccata capacità di trasmettere emozioni,cosa a me negata,purtroppo.
    Auguri per quanto avrai intenzione di scrivere in futuro.

    Ni-

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Alexandros (capitolo 7)

Cornelius e Aemilia lo seguirono durante la lezione e gli fecero tante domande, invece Julius era molto più silenzioso del solito. Parlando dell’Iliade il giovane gli rifilò una domanda alquanto alludente . “ Maestro?”lo chiamò Julius. “ Dimmi”rispose gentilmente. “ Achille e Patroclo erano davvero amici?”volle sapere. “ Certo” “ Solo amici?”insistette lui e Alexandros capì dove voleva andare a parare. “ Ah, Julius non so se tua sorella…”cominciò lui. “ Non si preoccupi per me! Tanto con questi due attorno si può ben immaginare cosa mi tocchi sentire…!”intervenne lei alzando gli occhi al cielo. “ Bene… se la mettete cosi” borbottò sottovoce, “… a quanto pare i due erano molto… ehm… affettuosi fra loro; nell’Iliade, Omero non rivela con certezza il vero rapporto fra i due, ma ci sono diversi riferimenti che fanno pensare a ciò che sostengono oggi molti intellettuali, cioè che passavano parecchie notti insieme; Cornelius non ti scandalizzare, era una cosa normale, anche ora, dopo tanti s

Noi due ( capitolo 1)

Il bambino cercò a fatica di trattenere le lacrime, si soffiò fortemente il naso sentendo un forte groppo alla gola. Una mano piccola e allo stesso tempo più grande della sua, si posò sulla sua testa e cercò goffamente di carezzarlo, allora alzò lo sguardo sull’altro bambino dai capelli corvini che lo guardava tristemente. Sapeva di avere un’aria patetica, tuttavia non poté far a meno di lasciar cadere le prime lacrime. “ Ma cosa hai da frignare?!” esclamò il bambino cercando di parere impassibile. L’altro, dai capelli biondi,lo abbracciò forte, anche il più grande lo abbracciò, poi improvvisamente si staccò da lui e cominciò a correre. Dopo alcuni passi si fermò e lo salutò con la mano, si rigirò e scomparse all’orizzonte. Gabriel spense con gesto meccanico la sveglia. Sospirò piano posandosi una mano sulla fronte. Non capiva cosa fosse stato quel sogno e come mai sentisse una forte pressione sul petto. Si sentiva quasi a disagio, era come se avesse perso qualcosa di molto importante

P. S. Ricordarsi di vivere (capitolo X)

Rientrare in quella casa gli provocò una piacevole sensazione che mai avrebbe immaginato di provare. Quasi si commosse nel sentire, appena messo piede in casa, quell’inconfondibile odore buono, difficile da classificare. Forse era il caffé che ogni mattina preparava per lui e a volte anche per Viktor oppure lo champagne che il bruno gradiva molto. Non lo sapeva, sapeva solamente che era felice di essere di nuovo lì, a casa sua. Mai nella sua precedente abitazione si era sentito così a proprio agio. Lì non poteva fare il bagno quando voleva o mangiare a tutte le ore. Lì faceva la fame e non poteva nemmeno usare i propri guadagni per comprare cibo o sapone. Chiuse gli occhi. No, non sarebbe più stato così. Entrò nella propria stanza, seguito da Viktor, che l’aveva aiutato con le poche borse. “Ecco. Rimetti tu tutto in ordine?” chiese il bruno con il suo solito tono di voce controllato. “Si, non preoccuparti” lo guardò “grazie” disse. L’uomo fece per andarsene ma Erast lo richiamò “non di